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Erano tempi difficili, come sono difficili tutti i tempi quando hai solo le tue braccia e una piccola parte di terra per mantenere la tua famiglia. Mio nonno, Carmine come me, era un uomo della terra, tagliato alle fatiche e con una famiglia numerosa. Chissà come i Santangelo siano finiti in quella regione montuosa d’Italia, ma comunque era l’unico lì e ha iniziato la sua eredità.

La parte di terra che gli apparteneva era in un piccolo paese, Felitto, provincia di Salerno, a sud di Napoli, una regione montuosa con minuscoli feudi sparsi alle sue pendici. La parete ovest di uno di questi monti è tagliata dal fiume Calore, formando un tumulo a un terzo della sua altezza, separato da un profondo precipizio a strapiombo. Lì, affacciato sulla vallata, sorse questo borgo costruito dalle abbondanti e immense pietre a disposizione, protetto da strategiche torri di fronte e dalla rupe sullo sfondo. I signori vivevano nei castelli, serviti e nutriti da sudditi che lavoravano la terra nei campi intorno alla città e fornivano protezione ai paesani nei periodi di invasione. Dal Medioevo al periodo tra le due guerre qualcosa è cambiato, ma non abbastanza perché i poveri smettano di essere poveri e perché i ricchi diventino meno ricchi.

Per passione o per mancanza di cultura, i più umili fecero diversi figli, riproducendosi in quantità. Mio nonno ha compiuto sei anni mentre la salute di mia nonna lo ha permesso, tanto che quando è andata incontro alla vita eterna, le ha lasciato una scala di bambini che vanno dai 2 agli 11 anni! Un uomo senza moglie e tanti figli non può sfamare sette bocche e, tra le soluzioni più tristi, scelse di affittarne una, nella speranza che rimanesse del cibo in tavola e che, con un po’ di fortuna, l’avrebbe trovata da qualche altra parte, in famiglia, in un’altra città, in un’altra regione, la fine della sua fame.

Così fu mio padre, il secondo della progenie, dall’alto dei suoi 9 anni, portato di là senza scelta, a prendersi cura dei maiali di coloro che, da quel momento in poi, per sua forza e volontà furono padroni. Il viaggio è lungo, aggirando i piedi della montagna lungo la strada stretta e tortuosa, fatta di carri solo fino alla prima curva. Poi, lontano dai tuoi occhi, a piedi. Alla fine di una giornata di viaggio, esausto, stanco e affamato, è arrivato in questa strana terra, dove un ragazzo impaurito e magro è un po’ al di sopra dei cani, ma molto al di sotto dei maiali. Questi sono davvero importanti, danno carne e profitto, hanno un grande valore. Di notte sono sorvegliati, protetti dalle intemperie e dai predatori, di giorno vengono liberati alla ricerca di un complemento al magro bucato che i loro padroni danno loro. Il ragazzo li affianca giorno e notte, come se uno di loro fosse, senza perdere di vista neanche un minuto, uno dei quaranta che compongono lo staff.

La vita tra maiali e porcili puzzolenti non favorisce lo sviluppo di un bambino. Cibo pessimo, indifferenza e tanto meno abbandono. Ogni casa ha la sua principessa e non c’era differenza. Vivevano il padre, la madre, il nonno e la nonna, i tre bambini brutali, poco più intelligenti di maiali, uno zio e la figlia minore, nel pieno della sua bellezza a quindici anni, con un’altezza di 1,42 m e 137 chili. Viziata e golosa, viveva per mangiare e disprezzava gli animali e chi se ne prendeva cura. Trovò in quel ragazzino il passatempo preferito per riempire i suoi pigri pomeriggi. In uno di quei pomeriggi, dopo aver pronunciato per ore e ore tutte le bestemmie del suo repertorio, si dedicò alle molestie fisiche, picchiettando le orecchie di mio padre. Uno dei colpi ha colpito il nervo, ha irritato la bestia, la rivolta, la rabbia e il risentimento sono esplosi. Si voltò, affrontò il gigante e con gli occhi e il pugno chiusi, colpì il seno destro della ragazza. Ha preso il colpo meno per il dolore, più per la sorpresa e l’umiliazione. Lanciò un urlo seguito da un grido sofferente e ininterrotto, senza lacrime, pieno di rabbia e odio. Forte, così forte che tutti entrarono terrorizzati, immaginando la disgrazia che aveva colpito la loro piccola principessa. Arrivato lì e valutata la situazione, l’adrenalina si era calmata e alleviata dalla bassa gravità, ma profondamente colpita nel suo onore e dignità, fu deciso per una punizione esemplare al principale colpevole della situazione.

È stato un pestaggio epico! Ore e ore di Bungt e Bangt, Bangt e Bungt, dove ognuno in quella casa può esprimere la propria frustrazione. Mio padre ha fatto il possibile per mantenere la sua dignità e il suo orgoglio, come qualsiasi altro ragazzo. Ha pianto, si è scusato e ha implorato perdono a squarciagola. Più colpivo più faceva male, e più colpivo e più urlavo e più faceva male. Credo che nemmeno mio padre abbia mai rubato niente!

Sicuramente tutto quel dolore e quella sofferenza non sarebbero rimasti impuniti e la vendetta è arrivata come una tempesta distruttiva, sotto forma di maiali affamati che razziavano campi di zucche e cetrioli bassi. Distrussero tutto in poco tempo, tanto che non rimase intatta nemmeno una pianta fino all’arrivo di tutti. Il piccolo calcolò l’entità del pestaggio che sarebbe arrivato e tra la morte certa e il freddo della notte in arrivo, con le sue tante ossessionate paure, preferì correre il rischio.

Se fosse tornato indietro lungo la strada sarebbe stato catturato subito. Avrei dovuto affrontare la montagna spaventosa, piena di pericoli, suoni e strane figure. Andava avanti all’infinito, mosso dalla forza di chi lotta per la vita, a ogni colpo, a ogni passo, a ogni soffio d’aria. Andò avanti per ore e ore, affamato, assetato, assonnato e dolorante. Ha scalato ogni montagna e ha raggiunto la cima sotto i primi raggi del sole. Vide il Calore serpeggiare laggiù e ne fu sicuro: era salvo!

Quello stesso giorno, nel pomeriggio, l’uomo e il figlio maggiore bussarono alla porta della casa di mio nonno. Hanno interrogato, offeso e maledetto. Hanno minacciato e giurato vendetta. Mio nonno, impassibile, li ignorò del tutto, voltò loro le spalle e andò incontro al maestro falegname, dove mio padre imparò il mestiere. Un giorno, chissà, con quello, come dicevano da quelle parti, Facceva L’America (Farebbe l’America), e suo figlio guadagnerebbe un sacco di soldi!

E così è stato. Peccato che non sia andato anche a scuola, dove avrebbe imparato la sottile differenza tra Nord e Sud America.

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